La paura di perdersi eventi, cose o fatti se non si controlla in modo costante il proprio smartphone. E’ questo il meccanismo che scatta nel cervello umano e che rischia di creare una vera dipendenza riconosciuta con il nome di Nomofobia. La comodità legata all’uso di un cellulare si è spinta oltre i limiti: non è più solo questione di chiamare una persona e comunicare, ma si tratta di un tipo di mondo ancora più vasto e ampio. Del resto la tecnologia ci spinge continuamente a cambiare, a essere continuamente aggiornati e al tempo stesso in connessione con i nostri amici. Se questo tipo di atteggiamento si spinge troppo oltre però può causare grandi danni.
Che cos’è la nomofobia?
Nel 2015 venne coniata per la prima volta questa parola, la nomofobia per l’appunto, usata per descrivere un fenomeno di portata mondiale. La parola infatti parte dall’abbreviativo inglese “no-mobile” e il chiaro suffisso di fobia. In questo modo rimanda a un intervista che venne condotta da “Il Fatto Quotidiano” a un gruppo di persone che hanno risposto scioccate davanti all’ipotesi di vivere senza il proprio smartphone.
“Non riuscirei a vivere, mi verrebbe l’ansia”, hanno detto molti portando gli esperti a studiare questo caso.
La persona che soffre di nomofobia tende a sviluppare la sensazione di perdersi momenti importanti attorno a lei se non controlla in modo frenetico e costante il cellulare. E’ quindi un comportamento meccanico che viene fatto in modo del tutto naturale, proprio come se fosse normale. Secondo un professore di psichiatria all’Università del Connecticut, il signor David Greenfield, questo attaccamento è da considerarsi simile a tutte le altre dipendenze. Si causano delle interferenze nella produzione della dopamina, un neurotrasmettitore che si occupa di regolare il nostro circuito cerebrale. Ogni volta che notiamo una notifica siamo spinti dal piacere, vogliamo subito controllare per poter verificare se vi sia una notizia interessante.
Come si riconosce la dipendenza da smarphone?
Lo studio americano effettuato da Morningside Recovery ha confermato dati allarmanti: milioni di Americani, pari ai 2/3 della popolazione, sono affetti da nomofobia. La dipendenza viene caratterizzata da stati di ansia, profondo disagio, alto nervosismo e soprattutto angoscia ogni volta che non entriamo in contatto con il cellulare. Ma vediamo quali sono i modi e i comportamenti tipici che ci aiutano a riconoscere la sindrome.
Segna questi campanelli di allarme e controlla te, ma soprattutto chi ti sta intorno. Chi è affetto da nomofobia tende a:
- Utilizzare il telefono cellulare non appena ha un attimo libero;
- Gestire più dispositivi;
- Viaggia spesso con un caricabatterie anche quando il telefono è carico;
- Sviluppare atteggiamenti ansiosi quando non ha il telefono a disposizione, come sul lavoro per esempio o al cinema;
- Controllare in modo frenetico se vi siano notifiche sul cellulare;
- Avere sempre il telefono acceso, tenendolo sotto il cuscino.
Secondo gli esperti si percepisce un velo malessere fisico che sfocia in attacchi di panico, vertigini, sudorazione, battito accelerato e nausea.
Quali sono i soggetti a rischio e come si contrasta
Grazie a una serie di ricerche è emerso che la nomofobia colpisce soprattutto i giovani adulti che hanno una bassa autostima e spesso problemi a creare relazioni sociali. Per questo avrebbero quindi bisogno di essere sempre connessi, così da creare un collegamento con il mondo che lo circonda. Gli adolescenti restano soggetti a rischio ma non bisogna ignorare l’effetto legato ai più piccoli: l’età del primo cellulare ormai si abbassa sempre di più e questo espone i bambini alla dipendenza.
I genitori sono quindi i primi a dover contrastare questa “moda”, insegnando ai figli, minori e non, che usare il cellulare in modo non appropriato può sfociare in comportamenti davvero pericolosi.